Da quasi due settimane Dorian vaga sperduto tra la boscaglia montana che circonda la Val Di Granso. Da quando è scappato di casa, suo unico riferimento temporale resta l'alternarsi del giorno e della notte. Suo unico nutrimento il suo stesso corpo del quale inesorabilmente divora le riserve di grasso accumulate nei mesi trascorsi lontano da Miriam. Suo unico desiderio quello di perdere il peso di un ricordo così sconvolgente come solo può esserlo quello di una bambina, tramutatasi in pochi anni nella donna che una notte venne a lenire la febbre del corpo per trasmettergli quella incurabile dello spirito. E sebbene a Dorian la vita abbia riservato un futuro di alienazione e rinunce, e a Miriam uno di successi e di fama planetaria, sarà la virtù condivisa di comunicare attraverso l'armonia del silenzio, a riconciliare le loro angosce nel riflesso di un lago gelato dove i nomi degli uomini sono incisioni decidue su una lastra di ghiaccio. E i cavalli marini messaggeri provenienti da un mondo più profondo di quello degli abissi dove le parole sono destinate a smarrirsi nel vano tentativo di penetrare il mistero della Carne.
In "Cavalli marini sotto sclerotica" Alessandro Fantini prosegue la sua personale ricognizione e decostruzione dei generi letterari iniziata con il neorealismo visionario di "Terzo Testamento" e l'ibridazione tra il fantasy e il romanzo gotico di "Endometria", dando libero corso ad un nuovo brulicante corteo di personaggi e situazioni verosimilmente inverosimili come quelli della società degli ultimi due decenni, tratteggiati al confine tra l'implacabile scandaglio dell'introspezione proustiana, e il rocambolesco sprezzo delle norme del romanzo tradizionale trascinato fino ai margini dei reami psichedelici di William Burroughs e Philip K. Dick.