Un collage di istantanee: tale può apparirci la raccolta dei versi superstiti di Archiloco, l'iniziatore della poesia giambica, nato a Paro nella prima metà del VII secolo a.C. A differenza dell'epos omerico in cui l'autore si cela al punto da far smarrire le sue tracce, la sua opera reca, pur nello stato frammentario in cui ci è giunta, l'impronta di una personalità ben definita, riconoscibile nei suoi referenti storici ed esistenziali. Soldato di ventura e poeta, Archiloco vive immerso nella temperie politica del suo tempo, segnato da un rinnovamento politico e culturale che dà spazio all'intraprendenza e alla voce del singolo. Partecipa alla colonizzazione di Taso, combatte per terra e per mare; si innamora, subisce rovesci e delusioni; ma sa anche gustare le gioie forti della vita e fronteggiare l'asprezza degli eventi con ferma, realistica saggezza. Le sue liriche sono flash che illuminano momenti irripetibili del vissuto: scorci di mare e di navi, furori di risse, attimi d'amore goduti fino all'estasi e impulsi di odio distruttivo, come le invettive contro Licambe, reo di avergli negata in sposa la figlia: tanto violente che avrebbero indotto l'antagonista al suicidio. Sono versi percorsi da una vitalità irruente e mordace, che sa estrarre l'essenziale dal pullulare delle esperienze, fissandole in immagini limpide e corpose, destinate a restare nel circuito perenne della poesia.
I "Frammenti" di Archiloco sono qui presentati nella traduzione di Nicoletta Russello, con un denso saggio introduttivo di Bruno Gentili.
Edizione con testo originale a fronte.