"Ho seppellito il terremoto poco prima di Natale, accompagnando i miei spettri di case e di cose che ho perso, sulle note di melodie struggenti e bellissime, con parole di commiato più dolenti che coscienti. Poi il silenzio. Non ho più scritto. Non ho più riletto. Ho rischiato di sigillare fantasmi dentro a scrigni stagni per consegnarli ad un'esplosione quasi certa tra chissà quanto tempo. Poi, un giorno, per caso, un'opportunità. Quella di riscrivere il paesaggio. Ripensarlo. Reinventarlo. Riviverlo. Sperarlo. Sognarlo. E attorno a me tante persone dal mio stesso stato d'animo, in un clima di profondo rispetto per ciò che si vive e per ciò che si scrive. Da lì un salto verso l'alto. Dopo mesi di nebbia e di vuoto la voglia di fare che ritorna, il rimettersi in gioco, il confrontarsi, il misurarsi, il lanciarsi. Dopo il ciclo di incontri di scrittura autobiografica altre esperienze positive e costruttive emergono da buchi e macerie. E io finalmente le colgo. E scrivo. E leggo. E finalmente vivo" (L'autore).