Quando Andrea Amabile assunse l'incarico di pubblico ministero nel caso del crac dell'ENI erano oramai passati anni dalla nascita politica di Davide Manifesti.
L'ex attore di seconda fascia cominciò quasi per caso a parlare nei suoi monologhi teatrali di politica, corruzione e desiderio di cambiamento e si ritrovò a dirigere una realtà dalla presenza politicamente ingombrante. Al grido di "Salviamo l'Italia" e "Fuori i corrotti dal parlamento" quello che venne battezzato Movimento democrazia diritti e doveri percorse una scalata inarrestabile fino ad arrivare alla maggioranza dei seggi e alla guida del paese.
Davide si trasformò nel leader incontrastato di un partito al di fuori degli schemi della politica ordinaria che poteva davvero cambiare le cose.
Mentre il Movimento otteneva i successi sperati, il processo contro il cracker informatico responsabile del fallimento e della vendita della multinazionale italiana alla russa GazMos arrivò al suo momento cruciale. Il cracker informatico Luigi Barcis, ex numero uno del reparto informatico del Movimento democrazia diritti e doveri, era chiamato a rispondere sulla conoscienza o meno del suo operato da parte del partito e dei suoi dirigenti.
Andrea Amabile invece doveva rispondere alla domanda più semplice: Era giusto fermare quella speranza di cambiamento?